The simulacra of shame: the complexity of trauma in adoptive parenthood of second generation

La sofferenza silenziosa dell’abbandono precoce non elaborata scava rumorosamente anche nell’attitudine genitoriale soprattutto nella possibilità adottiva. Figli adottivi che creano a loro volta una famiglia di accoglienza adottiva trovano un potenziale traumatogeno pericoloso nel vivere dalla parte genitoriale una esperienza filiale conosciuta. A volte queste strutture familiari, che non sono riuscite a delimitare i perimetri di ruolo e che dovrebbero fornire elementi capaci di dare significato all’esperienza, saltano scegliendo come unico linguaggio praticabile il sintomo. Il sintomo diventa quindi manifesto di ciò che viene celato nell’incapacità di adeguare le risorse psicoaffettive genitoriali alle esigenze esplorative, conoscitive ed integrative di figli che hanno vissuto a loro volta l’abbandono. I figli diventano inconsapevoli simulacri dell’altrui vergogna, messa a nudo solo nel rispecchiamento filiale al quale viene consegnata in tutta la sua inelaborabilità. Il potere destrutturante di ciò che non è stato affrontato mette infatti a nudo l’inermità e la vergogna che continua l’opera disorganizzante spingendo il soggetto verso autodistruttività e nascondimento. E quando l’esperienza traumatica ha avuto la meglio sulle risorse individuali ed ambientali lascia nel proprio bagaglio strumenti non efficaci che alterano la capacità di lettura di sé e del mondo, scoprendo improvvisamente la muta disperazione di questi bambini lasciati soli di fronte al proprio trauma che trasforma autoplasticamente la propria psiche rinunciando temporaneamente a cercare di modificare alloplasticamente il mondo esterno in quanto non ancora conosciuto. Dalla parte genitoriale, la vergogna vela profondi sentimenti di annichilimento, impotenza e conseguente passività in quanto non sempre i consueti schemi difensivi possono mantenersi efficaci e la regressione diventa una risposta massiva all’imponente senso di irrealtà e sospensione traumatica.